Player One by Ernest Cline

Player One by Ernest Cline

autore:Ernest Cline [Cline, Ernest]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788876383441
editore: Isbn
pubblicato: 2011-01-01T05:00:00+00:00


0019

Il computer mi svegliò appena prima del tramonto, e cominciai il mio rituale quotidiano.

«Sono sveglio!» gridai al buio. Da quando Art3mis mi aveva lasciato, qualche settimana prima, facevo fatica ad alzarmi dal letto, la mattina. Così, avevo disattivato l’allarme automatico della sveglia e avevo dato istruzione al computer di sparare Wake Me Up Before You Go-Go degli Wham! Odiavo quella canzone con ogni fibra del mio corpo e l’unico modo che avevo per metterla a tacere era alzarmi. Non era l’ideale per cominciare la giornata ma, se non altro, mi smuoveva.

La canzone si troncò bruscamente, la poltrona aptica riprese la corretta direzione e posizione assumendo di nuovo, da letto che era, il suo aspetto da poltrona: mi ritrovai seduto. Il computer riaccese gradualmente le luci, lasciando ai miei occhi il tempo di abituarsi. Nel mio appartamento non penetrava mai la luce esterna. L’unica finestra offriva una vista dei grattacieli di Columbus, ma l’avevo verniciata di nero pochi giorni dopo essermi trasferito. Ero convinto che tutto ciò che si trovava fuori da quella finestra costituisse una distrazione dalla mia missione, e non potevo perdere tempo a osservarlo. Allo stesso modo, avrei voluto non ascoltare il mondo esterno, ma non ero riuscito a ottimizzare l’insonorizzazione dell’appartamento, perciò ero costretto a convivere con i suoni smorzati della pioggia, del vento e del traffico aereo. Anche questi riuscivano a distrarmi. A volte precipitavo in una sorta di trance, seduto a occhi chiusi, dimentico del passare del tempo, mentre ascoltavo i suoni del mondo fuori dalla mia stanza.

Avevo apportato, per sicurezza e per comodità, molte altre modifiche all’appartamento. Innanzitutto, avevo rimpiazzato la porta, poco resistente, con una nuova WarDoor, ermetica, rinforzata e a compressione. Ogni qualvolta avevo bisogno di qualcosa – cibo, carta igienica, nuova attrezzatura – lo ordinavo online e qualcuno me lo portava proprio davanti alla porta di casa. Le consegne funzionavano così: per prima cosa, lo scanner installato nel corridoio verificava l’identità del fattorino e il mio computer confermava che stesse consegnando ciò che avevo davvero ordinato. Poi la porta esterna si sbloccava e si apriva su una camera stagna rinforzata in acciaio, grande quanto un vano doccia. Qui, il fattorino posava il pacco, la pizza, o quant’altro, e faceva un passo indietro. La porta esterna si richiudeva e si sbarrava con un sibilo, poi il pacco veniva scansionato e sottoposto a un diluvio di raggi X e a ogni tipo possibile di analisi. Una volta accertato il contenuto, veniva inviata una conferma di consegna. A quel punto io, uscendo con cautela, aprivo la porta interna e mi appropriavo dei miei beni. Il capitalismo avanzava a piccoli passi, senza che dovessi interagire faccia a faccia con un altro essere umano. Il che era esattamente ciò che volevo, grazie tante.

La stanza in sé non era così eccezionale a una prima occhiata, e andava benissimo così, perché passavo il minor tempo possibile a guardarla. Era, in pratica, un cubo di dieci metri per lato. Una doccia componibile e un’unità wc erano state montate su una parete, al lato opposto di una piccola cucina ergonomica.



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